domenica 6 aprile 2014
Zaha Hadid del primo periodo e il suo bang (cap. 26 di 'Architettura e modernità')
Tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 si inizia ad avvertire l'esigenza di dare nuovo spazio e nuova valenza al 'contesto'. Esso diventa infatti centro del progetto stesso. Si passa dal concetto di architettura atopica (ovvero in cui il contesto è assolutamente astratto e irrilevante) ad un'architettura inclusiva, in cui l'ambiente circostante gioca un ruolo di primaria importanza. Molti architetti fanno proprio questo nuovo modo di progettare (Gehry, Eisenman) e come loro anche l'architetto iracheno Zaha Hadid, che già dal 1983 fa sua l'idea che ''contesto è 'esattamente' paesaggio'' (pag 330, Architettura e modernità, A.Saggio). L'architettura della Hadid tra le sue origini da opere pittoriche della stessa; in queste la 'tessitura' è unica, ma i colori sono molteplici; ovvero architettura e contesto sono indissolubili e inscindibili l'uno dall'altro, ma sono chiaramente riconoscibili. L'opera cardine di questa sua nuova concezione architettonica è la stazione di Vitra a Weil am Rhein. Questa idea di compenetrazione delle due componenti diventa davvero trainante in un'epoca in cui bisogna fare i conto con la limitatezza delle risorse e la tutela dell'ambiente. Un passo ulteriore viene fatto dall'architetto nel momento in cui riesce a coniugare infrastruttura e ambiente in uno dei suoi lavori meglio riusciti: il LANDESGARTENSCHAU a Weil am Rhein. Qui questa dicotomia ambiente-edificio messa alla prova anche in un contesto urbano e residenziale e porta una grande rivoluzione anche nel campo delle 'banali' abitazioni in linea.
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